SCHEDA DI RIFLESSIONI SUL “RIORDINO PROFESSIONALI” di cui allo Schema di regolamento predisposto ai sensi dell’art. 3, c.3, del Decreto legislativo 13 aprile 2017, n.61
L’ISTRUZIONE PROFESSIONALE STATALE NON SI TOCCA!
Nello schema del regolamento che innova l’istruzione professionale si confermano numerosi aspetti, già presenti nelle Linee guida per il primo biennio degli istituti professionali emanate col DPR 87/2010, ma tanti altri ne modificano l’impianto.
Vengono istituiti 11 indirizzi degli attuali istituti professionali:
a. Agricoltura, sviluppo rurale, valorizzazione dei prodotti del territorio e gestione delle risorse forestali e montane;
b. Pesca commerciale e produzioni ittiche;
c. Industria e artigianato per il Made in Italy;
d. Manutenzione e assistenza tecnica;
e. Gestione delle acque e risanamento ambientale;
f. Servizi commerciali;
g. Enogastronomia e ospitalità alberghiera;
h. Servizi culturali e dello spettacolo;
i. Servizi per la sanità e l’assistenza sociale;
j. Arti ausiliarie delle professioni sanitarie: odontotecnico;
k. Arti ausiliarie delle professioni sanitarie: ottico.
Sul piano ordinamentale, viene confermata la struttura degli indirizzi di studio in attività e insegnamenti di istruzione generale e di indirizzo, ma l’articolazione dei quadri orari viene del tutto ripensata, a partire dalla divisione in biennio e triennio, dall’aggregazione, nel biennio, delle attività e degli insegnamenti di istruzione generale, comuni a tutti gli indirizzi, all’interno degli assi culturali (linguaggi, matematico e storico-sociale) relativi all’obbligo di istruzione e, nel triennio, delle attività e degli insegnamenti di istruzione generale all’interno degli assi scientifico, tecnologico e professionale. Ciò richiede un significativo cambiamento nella progettazione didattica e nell’organizzazione per classi di concorso, in quanto il monte ore del biennio viene concepito in maniera unitaria e presenta significative ricadute su quello delle singole discipline aggregate nei rispettivi assi culturali. Ad esempio, alle discipline Storia – Geografia – Diritto ed economia (asse storico sociale) vengono assegnate in totale nel biennio complessivamente 264 ore (132 per anno, a fronte delle 165 attualmente in uso nel primo anno, quindi un’ora settimanale in meno); nel triennio, all’asse dei linguaggi – cui afferiscono le discipline Italiano e Inglese – vengono riconosciute 198 ore per ciascun anno, a fronte delle attuali 231, che consentono di assegnare alla prima 132 ore annuali e alla seconda 66 o viceversa (anche in questo caso si perde un’ora settimanale). In merito ai soli esempi citati, vanno presi in considerazione almeno due aspetti: Geografia è una disciplina che è stata “ripescata” di recente – in quanto nella prima fase della riforma datata 2010 non era prevista, né compariva negli indirizzi degli istituti professionali nella aggregazione detta “geostoria”; Inglese sarà oggetto delle rilevazioni INVALSI al termine del ciclo di studi superiori, per cui non appare opportuno ridimensionarne il monte ore complessivo.
Sul piano della progettazione didattica, si innova l’intero modello didattico, che appare improntato alla personalizzazione educativa, che deve trovare riscontro nella stesura di un Progetto Formativo Individuale (PFI) per ciascun alunno da parte del Consiglio di classe. Il Regolamento disciplina la progettazione e la stesura di tale P.F.I. in maniera molto stringente: indica nel 31 gennaio di ciascun anno la scadenza per la redazione del P.F.I., che va poi aggiornato nel corso dell’intero percorso scolastico; assegna un monte di 264 ore di “personalizzazione degli apprendimenti” (quota prevista nel monte ore biennale) da destinare ad attività motivazionali e di orientamento per ciascuno studente, comprese prime esperienze di A.S.L. per gli allievi del secondo anno; prevede l’istituzione della figura del “tutor”, che deve accompagnare gli studenti nel processo di apprendimento personalizzato. Subdolo corollario della personalizzazione degli apprendimenti è la possibilità offerta alle scuole di costituire classi per livelli di apprendimento.
Nel triennio le quote di flessibilità possono essere utilizzate dagli istituti professionali nel limite del 40% del monte ore annuale complessivo per ciascun anno di corso, in coerenza con i rispettivi profili di uscita e con le priorità indicate dalla programmazione regionale. Attualmente, le quote di flessibilità consentono alle scuole di utilizzare le opzioni disponibili sul piano nazionale. Riteniamo che tale possibilità offerta alle scuole ma dipendente dalle indicazioni regionali possa pregiudicare l’unitarietà dei percorsi professionali a livello regionale e nazionale, senza voler considerare il fatto che gli alunni, in caso di passaggio a richiesta dall’istruzione e formazione professionale ai corsi di istruzione professionale potrebbero trovarsi a frequentare percorsi connotati in maniera molto diversa da quelli di partenza.
In questa articolata struttura, emergono diverse criticità. L’organizzazione e la realizzazione della “personalizzazione degli apprendimenti” nel biennio, per un numero così significativo di ore (132 all’anno, pari a 4 ore settimanali), presuppone ricadute non trascurabili sul piano della gestione organici e della disponibilità di laboratori e strutture; l’individuazione della figura del docente tutor da parte del dirigente – sentito il Consiglio di classe – esige la negoziazione dei criteri di individuazione del personale cui affidare tale funzione; il valore intermedio della valutazione al termine del primo anno e, in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi, la revisione del Progetto Formativo Individuale con la conseguente riprogrammazione delle 264 ore di personalizzazione rischia di tenere in condizione perennemente instabile l’offerta formativa degli istituti e di pregiudicare le pratiche finalizzate all’orientamento. La possibilità di costituire classi con omogenei livelli di apprendimento può facilmente generare “classi ghetto” con buona pace dei tanto sbandierati appelli all’inclusione impliciti in altri interventi legislativi dello stesso governo.
La stesura del PFI per ciascuno studente, inoltre, unitamente alla nuova ed articolata Progettazione interdisciplinare per UdA per l’intero quinquennio, rappresentano una novità non da poco che va ad incidere sensibilmente sul monte ore destinato alla funzione docente. Va specificato, poi, che il regolamento stesso prevede misure di formazione e accompagnamento per dirigenti, docenti e personale ATA in merito a tali novità, ma appare evidente che non ci sono i tempi per assicurare tutto ciò al fine di un proficuo avvio del prossimo anno scolastico.
La novità della progettazione per UdA anche per il triennio, infine, richiederebbe un raccordo con le modalità di svolgimento dell’esame di Stato per gli istituti professionali, che dovrebbero contemplare tali significative modifiche al curricolo e alla progettazione disciplinare. Senza considerare che le competenze acquisite con le UdA saranno la condizione imprescindibile per il riconoscimento dei crediti ai fini del passaggio tra diversi percorsi di istruzione e tra i percorsi di istruzione e quelli di formazione.
Sul piano dell’offerta formativa, gli istituti professionali possono prevedere, nei Piani triennali dell’offerta formativa, l’attivazione, in via sussidiaria, di percorsi di istruzione e formazione professionale (IeFP) per il rilascio di qualifiche triennali e diplomi professionali quadriennali di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, previo accreditamento regionale e secondo modalità definite a livello regionale attraverso appositi accordi tra la regione e l’Ufficio scolastico regionale. Lo schema di decreto definisce la correlazione tra le qualifiche e i diplomi professionali di IeFP e gli indirizzi dei percorsi quinquennali di istruzione professionale. La correlazione tiene conto dei riferimenti alle attività economiche referenziate ai codici ATECO e ai settori economico professionali di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, del 30 giugno 2015, n. 166. Tale correlazione costituisce il riferimento per i passaggi tra i sistemi formativi. Abbiamo già messo in evidenza però che la possibilità offerta alle scuole di utilizzare in maniera libera le quote di flessibilità senza alcun riferimento nazionale, come avviene attualmente, sicuramente non aiuterà il giovane che vuole passare da un sistema all’altro.
La cosa più grave, tuttavia, consiste nel fatto che gli istituti professionali potranno attivare percorsi di IeFP solo con il sistema della sussidiarietà complementare, a differenza di quanto avviene attualmente con la sussidiarietà integrativa, laddove l’alunno che si iscrive ai percorsi quinquennali degli istituti professionali può conseguire la qualifica od il diploma quadriennale frequentando la medesima classe. Dal prossimo anno scolastico, gli istituti professionali accreditati per erogare l’IeFP dovranno costituire classi distinte, presidiate e sostenute dalle regioni in concorrenza con le altre strutture formative accreditate. Nel Regolamento, infatti, non si fa menzione alcuna circa la situazione delle strutture scolastiche già accreditate presso le regioni per il rilascio dei titoli di IeFP in regime di sussidiarietà integrativa. Le conseguenze di tale nuova condizione, soprattutto in alcune regioni, sono allarmanti sia sul piano della qualità dell’offerta formativa sia della garanzia del mantenimento dei livelli occupazionali.
Queste sono le nostre prime considerazioni sul riordino dei professionali, alle quali ne seguiranno altre, anche a seguito di opportuni momenti di confronto che lo Snals intende aprire con i suoi iscritti e con tutto il personale degli istituti professionali.
Gli istituti professionali sono stati lasciati nell’incertezza assoluta in questa delicata fase dell’anno scolastico dedicata all’orientamento ed alle iscrizioni, mancando sia le linee guida del MIUR per l’applicazione del regolamento dei nuovi professionali sia gli accordi tra USR e Regioni per la definizione del nuovo sistema di accreditamento regionale e dei conseguenti obblighi in capo alle scuole ed alle strutture formative. Non vorremmo che gli istituti professionali statali fossero dati in pasto con le loro strutture ed i loro laboratori alle strutture private che in molte regioni ne sono prive.
Lo Snals chiederà quindi la sospensione dell’applicazione del DLgs 61/2017 promuovendo ogni azione utile anche sul piano legale a contrastare il disegno politico sotteso alla riforma dei professionali, garantendo ogni sostegno e tutela ai lavoratori, alle famiglie ed agli studenti che hanno il diritto di vedersi garantito un corso di studi regolare, certo e con esiti formativi di qualità.